SPENDE MENO CHI SPENDE MEGLIO - Il caso Ericsson

Data di pubblicazione: 01 NOV 2009

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Il Real Estate Facility Manager del colosso delle telecomunicazioni, Mauro Patacchiola racconta il modello di Facility della sua multinazionale. Un dipartimento di sette persone per un’area che comprende Italia, Grecia, Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro: “Ognuno di noi gestisce 1.500 dipendenti. Ed è possibile solo con fornitori capaci di raggiungere i tuoi obiettivi di qualità. Facendoti risparmiare”.

Di Mariantonietta Lisena

Gestire le facility per un azienda con un’ampia presenza a livello mondiale è un’impresa che pone molti quesiti. Tra questi, alcuni dei più interessanti riguardano la linea strategica da seguire nel caso ci si rivolga al mercato dei servizi: che tipo di fornitore cercare? Un unico soggetto dotato di una vasta dimensione internazionale e quindi in grado di coprire tutto il territorio dell’azienda, oppure diversi fornitori attivi a livello locale? E quali responsabilità affidare loro? Non esiste, evidentemente, una risposta giusta ed una errata a tali quesiti, solo diverse interpretazioni. Quella operata da Ericsson Telecomunicazioni è però una scelta interessante e molto decisa, che può fornire diversi spunti di discussione. Ne parliamo con Mauro Patacchiola, Real Estate Facility Manager di Ericsson Telecomunicazioni.
Com’è organizzata la gestione delle facility all’interno della vostra azienda?
Esiste una unità di Facility Management che segue più Paesi in Europa; quella di cui mi occupo personalmente comprende Italia, Grecia, Romania, Bulgaria, Serbia, Cipro e altre piccole nazioni nel Sud Est Europa. Il dipartimento si occupa sia della gestione dei servizi che dell’attività di Real Estate, due elementi che nella visione di Ericsson devono necessariamente essere integrati. Il dipartimento è composto da sette persone in totale e la sua attività è, indicativamente, all’80% di Facility Management e al 20% di Real Estate, anche se a seconda dei momenti e delle esigenze particolari dell’azienda queste percentuali possono variare. Il personale del dipartimento ha il compito di compiere un controllo ad alto livello dell’attività dei fornitori di FM. Questi ultimi, in pratica, provvedono alla progettazione, gestione ed erogazione dei servizi, mentre noi ci occupiamo della parte prettamente strategica, fornendo le linee guida da seguire e gli obiettivi da raggiungere.
Sette persone è un numero molto contenuto. Come riuscite a gestire l’intera attività?
In media ognuna di esse ha le responsabilità di gestire i servizi per circa 1500 dipendenti generalmente dislocati in varie sedi. Si tratta di un rapporto molto elevato che è possibile mantenere con successo solo se si può contare su di un fornitore capace di gestire il servizio esattamente come da noi richiesto. L’attività di controllo può così limitarsi all’esame di un sistema di KPI, indicatori di performance, di qualità e di costi, e ad un numero ben definito di incontri e analisi. Ed è giusto così: coloro che operano in questo dipartimento sono manager a tutti gli effetti e quindi svolgono un’attività esclusivamente di tipo strategico, cercando di allineare la gestione dei servizi a quelle che sono le esigenze e gli obiettivi ultimi dell’azienda. Il nostro compito è, fare in modo che il fornitore metta in pratica il concetto di ambiente di lavoro definito da Ericsson. Il controllo è perciò soprattutto sui risultati più che sull’attività quotidiana di erogazione dei servizi.
Perché avete deciso di optare per questo modello?
L’obiettivo ultimo dell’azienda è avere una gestione delle facility che sia al massimo livello qualitativo possibile. Noi non abbiamo competenze riguardo all’erogazione dei servizi; siamo perciò certi che chi ha il Facility Management come sua attività principale possa offrire una qualità ben maggiore di quella che potremmo realizzare noi facendo leva solo su risorse interne. Ci siamo così rivolti al mercato per individuare un fornitore in grado di garantire l’alta qualità di cui necessitiamo e capace anche di adattarsi alle evoluzione dell’organizzazione e delle sue strategie. Al nostro personale va il compito di saper trovare il soggetto con questo caratteristiche e gestirlo nel migliore dei modi.
Molti obietteranno che affidare una parte tanto ingente dell’attività di un’azienda ad un soggetto esterno porti il rischio di perdere knowhow.
Questa è un’obiezione che stento a comprendere. L’attività di cui parliamo non fa parte del core business dell’azienda e quindi non vedo quali pericoli si corrano. Non possediamo metodologie particolari circa l’erogazione di un servizio, né è nostro interesse averle, per cui non abbiamo nulla di importante da perdere. L’unico vero knowhow interno è quello relativo alla definizione del servizio ideale per la nostra organizzazione e non vi è alcun rischio che qualcuno se ne appropri, dato che non saprebbe cosa farsene.
Altra obiezione comune è che legandosi troppo ad un fornitore unico si rischia poi di non essere, di fatto, capaci di abbandonarlo.
Ciò può accadere solo se l’azienda non ha fatto davvero la sua parte, e cioè definire il servizio e le sue caratteristiche. Una volta che questi requisiti sono chiari, sarà relativamente facile analizzare il mercato e individuare un certo numero di società in grado di soddisfarli. Se per un qualunque motivo il fornitore scelto dovesse rivelarsi non più adatto allo scopo, basterà vedere quali altre società siano in grado di assumere il ruolo di partner nella gestione del FM. Credo, anzi, che sia salutare, ogni tanto, rimettere in discussione il rapporto con il fornitore e vedere se sul mercato sono presenti opzioni migliori. Ripeto, basta avere ben chiare le caratteristiche di ciò che si sta cercando; sono queste le informazioni davvero importanti e restano sempre all’interno dell’organizzazione, a prescindere da chi sia il partner.
La vostra struttura integra Real Estate e Facility Management. Crede sia possibile esportare questo modello?
No, credo che sia imperativo. Non vedo come possa essere altrimenti. Ogni azienda è chiamata costantemente a decidere quali saranno gli standard del proprio ambiente di lavoro futuro e ad investire su di essi e non è concepibile prendere decisioni su questa materia senza tenere conto contemporaneamente degli elementi di Real Estate e di Facility Management. Come è possibile, ad esempio, individuare l’ufficio ideale se non si è in grado di stabilire a priori quanto questo spazio sia adatto ad essere gestito in maniera ottimale e quanto costerà farlo? Le due discipline devono essere integrate per apportare reale valore all’azienda.
Su quali leve può agire un Facility Manager per ottenere dei reali tagli nei costi?
Nella maggior parte dei casi il budget a disposizione di un Facility Manager per il 50% è riservato ai costi di locazione, per il 25% ai servizi e per il 25% a tasse e utilities. Sui costi di locazione non è possibile agire, non immediatamente almeno e lo stesso vale per le tasse. Si può agire sui servizi, ma i risparmi sono abbastanza contenuti, soprattutto se si vuole mantenere una qualità elevata, come è giusto che sia. Si può e si deve fare una campagna di sensibilizzazione alla riduzione dei consumi energetici, ma anche in questo caso i tagli dei costi ottenibili sono limitati. L’autentica leva su cui agire è la riduzione degli spazi, creando un ambiente di lavoro efficiente che occupi una superficie complessivamente minore. Ridurre lo spazio occupato del 30% ad esempio, può portare una riduzione dei costi davvero notevole, a patto che sia accompagnata da una contemporanea rinegoziazione dei contratti di locazione. E questo è impossibile se l’azienda è vincolata da contratti dall’orizzonte temporale troppo ampio. È per questo motivo che, a mio parere, nel mercato degli immobili bisogna prediligere le soluzioni che garantiscano la flessibilità piuttosto che il minor costo al metro quadro. Questa è, in fondo, un’altra prova che dimostra quanto sia necessario integrare Facility Management e Real Estate.
Crede che un’azienda presente in tutto il mondo come la vostra debba optare per un fornitore di servizi dotato anch’esso di una presenza a livello globale?
Non necessariamente. L’unico dogma credo debba essere quello di avere la qualità maggiore al prezzo più contenuto; i modi per ottenere questo obiettivo possono essere diversi da azienda ad azienda. Però credo che un soggetto con una presenza a livello internazionale possegga un’esperienza più vasta ed eterogenea e che abbia la possibilità di testare i propri modelli in diverse realtà, affinandoli così in modo più veloce e preciso. Inoltre mi aspetto che abbia un’organizzazione di altissimo livello, disponga di una struttura di ricerca dedicata a migliorare costantemente il servizio offerto e abbia, in generale, un personale esperto e preparato a mantenere ai massimi livelli in servizio. Mi attendo anche che, trattando commesse di questa ampiezza, abbia anche la maturità e l’intelligenza per indicare in quali Paesi non è in grado di garantire un servizio di qualità adeguata, in modo che il cliente possa cercare il fornitore locale più adatto.
Secondo lei come dovranno evolversi le società di FM per avere successo nel mercato del prossimo futuro?
Per prima cosa dovranno essere in grado di offrire prezzi più bassi senza intaccare la qualità del servizio fornito. Per riuscirci, avranno bisogno di tagliare le proprie spese, gestendo sempre meglio sia i volumi del servizio erogato che la presenza sul territorio, in modo da essere attive ovunque ma a costi contenuti. Dovranno, chiaramente, essere anche in grado di offrire un servizio d’eccellenza, grazie a strumenti all’avanguardia e a metodologie innovative. E dovranno essere propositive, offrendo costantemente ai propri clienti delle indicazioni su come realizzare un ambiente di lavoro ottimale; quest’ultima è un’attività che i nostri fornitori devono saperci garantire, tanto da essere sancita nel contratto e controllata da un apposito KPI.