LA SICUREZZA SI COSTRUISCE DALLE FONDAMENTA

Data di pubblicazione: 01 SET 2009

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Gli incidenti sul lavoro restano un tema di drammatica attualità. Il Facility Management di Eli Lilly Italia racconta il caso della costruzione della nuova sede italiana del colosso farmaceutico Usa: “Investire nella prevenzione è meglio che sobbarcarsi i costi di una disgrazia, per questo le nostre norme sono più rigide delle leggi del settore. E le abbiamo applicate senza deroghe nel nostro cantiere. Anche a costo di scontrarci con vecchie abitudini e malcostumi…”

In materia di sicurezza sul luogo di lavoro il nostro Paese, negli ultimi anni, si è distinto negativamente in molte, troppe occasioni. In questo settore il nostro mondo produttivo mostra carenze culturali che è ormai impossibile ignorare; sottolineare il problema è doveroso, ma può anche avere un effetto controproducente: quello di farlo apparire talmente grande da essere insolubile. È perciò con enorme piacere che vi presentiamo un’esperienza estremamente positiva ed una testimonianza concreta di come sia possibile creare e trasmettere una reale cultura della sicurezza: il processo di costruzione della nuova sede di Eli Lilly Italia a Sesto Fiorentino. Ad illustrarci le caratteristiche di questo progetto è Marco Grassi, Facility Management Specialist dell’azienda.
Qual è il vostro approccio al tema della sicurezza?
La nostra azienda è abituata a non fare compromessi in questo campo. Questa impostazione probabilmente deriva anche del particolare settore in cui operiamo: il processo produttivo nel settore farmaceutico è caratterizzato da una lunga catena di controlli mirati a ridurre al minimo la possibilità di errore. Non si tratta solo di questo, comunque; la nostra casa madre negli Stati Uniti ha dettato regole estremamente rigorose sul tema della sicurezza che vanno ben oltre il semplice e dovuto rispetto delle legislazioni vigenti a livello locale. Si può anzi dire che nel caso di Eli Lilly le norme interne su questa materia e le procedure di controllo per farle rispettare sono molto più rigide di quelle contenute in qualunque legislazione nazionale. La nostra casa madre ha anche previsto un budget gestito a livello centrale e dedicato a finanziare qualunque intervento in materia di sicurezza che dovesse rendersi necessario per portare le sedi locali ad un livello d’eccellenza.
Cosa che richiede uno sforzo finanziario non indifferente.
Ma necessario, anche perché risparmiare in questo campo non ha alcun senso. Da un lato c’è il fatto che nessuna organizzazione dovrebbe mai permettersi di lesinare su di una questione fondamentale quanto la salute dei suoi dipendenti. Dall’altro però, e credo sia giusto sottolinearlo senza alcuna vergogna, c’è anche una valutazione di natura economica: il danno di immagine e quindi finanziario che può provenire da un infortunio lavorativo nell’edificazione della sede di un’industria farmaceutica, così come dall’immissione sul mercato di un medicinale difettoso, è mille volte più costoso di quanto potrà mai essere un investimento sulla sicurezza. Spendere risorse in questo campo perciò non è solo doveroso eticamente, è anche una mossa finanziaria oculata.
Applicare tutto l’approccio finora descritto anche alla costruzione della nuova sede è stato un passaggio naturale?
Certamente. L’unico problema è che non avevamo esperienza nel campo della sicurezza nei cantieri, per noi si è trattato di apprendere una materia nuova. Per questo motivo abbiamo chiesto alla ditta di progettazione cui avevamo affidato i lavori per il nuovo di edificio di fornirci le conoscenze necessarie in quest’ambito. È assieme a loro che abbiamo sviluppato una strategia per assicurarci che l’edificazione della nostra sede sarebbe stata condotta riducendo al minimo i rischi di infortunio.
È stato difficile far accettare un rigido apparato di regole e controlli alle ditte subappaltatrici e alle maestranze?
Effettivamente, quando due anni e mezzo fa sono iniziati i lavori, la situazione non era incoraggiante. Benché sin dalla fase contrattuale avessimo illustrato tutte le norme e comunicato la nostra volontà di non transigere sulla loro applicazione, ho avuto l’impressione che le aziende non pensassero stessimo parlando seriamente. Probabilmente, questo è un problema di impostazione culturale, credevano che la nostra fosse solo una mossa di facciata, fatta per mettere le mani avanti anche dal punto di vista meramente legale nel caso vi fossero stati degli incidenti. Anche perché, probabilmente, è proprio questo l’atteggiamento che incontrano normalmente da parte dei committenti. E così non appena il capocantiere voltava le spalle, gli operai si toglievano elmetto e guanti perché li trovavano ingombranti e non esitavano a violare altre procedure per accelerare i tempi di lavoro.
Come siete intervenuti?
I nostri addetti alla sicurezza e quelli della ditta di progettazione sono intervenuti con segnalazioni e reclami; chi persisteva è stato mandato a fare corsi di approfondimento. In alcuni casi non è bastato e allora ci siamo trovati costretti a far allontanare alcuni operai dal cantiere e sostituirli con altri più disciplinati. Si è trattato di una mossa estrema, ma necessaria a far comprendere che eravamo davvero determinanti a far seguire le norme dettate e che non avremmo ammesso alcuna eccezione. Non ci siamo però limitati a reprimere i comportamenti errati, abbiamo anche incentivato quelli virtuosi, premiando gli operai che hanno mostrato una particolare attenzione e una proattività nel seguire le norme. Abbiamo anche compiuto gesti simbolici, come offrire una cena a tutte le maestranze per festeggiare il traguardo delle 400.000 ore di lavoro senza incidenti. La nostra attenzione poi non è stata rivolta solo ai risultati, ma soprattutto alle procedure.  
Nel caso dei cosiddetti “near miss”, ovvero situazioni pericolose o incidenti sfiorati, abbiamo organizzato immediatamente delle riunioni per mettere in evidenza quanto accaduto e ribadire che anche se l’esito era stato positivo, la procedura seguita era stata comunque errata e non avremmo accettato un suo ripetersi. Tutto ciò è stato possibile anche grazie ad un sofisticato sistema informativo capace di tener traccia di ogni singolo evento accaduto all’interno del cantiere.
Ha funzionato?
Vedere come si è trasformato l’ambiente di quel cantiere nel volgere di due anni ha davvero dell’incredibile. Ora le maestranze sono le prima a farci notare ogni possibile minaccia per la sicurezza; se si trovano davanti ad una procedura che non li convince o sulla quale nutrono qualche dubbio interrompono il lavoro e si consultano con noi. La trascuratezza che caratterizza il lavoro in troppi cantieri italiani è totalmente sparita, sostituita da un approccio volto alla massima serietà e cura.
A questo proposito, crede che in Italia potrà svilupparsi una cultura adeguata rispetto alla sicurezza?
Il problema culturale esiste e penso sia sotto gli occhi di tutti, ma credo sia anche giusto fare dei distinguo. Molto spesso i maggiori problemi da questo punto di vista si registrano nelle aziende di medie e piccole dimensioni; si tratta di soggetti che non hanno molte risorse finanziarie e per i quali la tentazione di tagliare anche i costi relativi alla sicurezza è molto forte. È chiaro che se ci fosse una diffusa e solida cultura della sicurezza nel nostro Paese, tale tentazione verrebbe soffocata sul nascere, ma così non è purtroppo  L’importante però è assumersi le proprie responsabilità e cominciare a fare un passo nella giusta direzione, invece di accusare sempre qualcun altro del mancato rispetto delle regole. L’impegno di una singola organizzazione può espandersi a macchia d’olio e mettere in moto una catena virtuosa capace di fare proseliti ad una velocità vertiginosa. Ci sono molte aziende che sono pronte a intraprendere con serietà la strada della sicurezza e che per farlo attendono solo un segno positivo. Faccio un esempio: uno dei nostri subappaltatori ha nelle sue fila molte maestranze di origine nordafricana. Quando ha visto con quale serietà eravamo determinanti ad annullare ogni rischio nel cantiere, ha finanziato personalmente un corso in arabo per i suoi operai, così da essere sicuro che avessero compreso tutte le norme di sicurezza. Si tratta di avere il coraggio di fare il primo passo, altre persone seguiranno.
Anche una seria attività di controllo però è importante.
Certo. In fondo quanto avvenuto nel nostro cantiere è un esempio lampante di come imporre delle regole e farle rispettare possa in seguito far sviluppare una cultura della sicurezza anche in coloro che all’inizio contestavano quelle norme. Credo anche che la sicurezza debba essere un concetto portante per la vita dell’intera organizzazione e non un aspetto da curare solo in determinate situazione definibili “a rischio”. Nella nostra azienda i dipendenti sono valutati non solo in base ai risultati che raggiungono, ma anche in funzione del loro comportamento; il caso dei nostri ricercatori medico-scientifici è esemplare da questo punto di vista: dato che nel loro lavoro usano molto l’automobile e vogliamo essere sicuri che il loro comportamento alla guida sia il più sicuro possibile, abbiamo organizzato per loro un corso di guida sicura. Alla fine dell’anno, all’atto di decidere se premiarli con degli incentivi, il loro lavoro è valutato non solo in base alle vendite effettuate, ma anche tenendo conto delle multe ricevute e degli eventuali incidenti occorsi per loro negligenza. L’importante, in definitiva, è mostrare che l’organizzazione pone la sicurezza come priorità assoluta in ogni aspetto della sua attività. Solo così è possibile sviluppare una cultura adeguata in questo campo.


TESTO UNICO SULLA SICUREZZA D.LGS. N. 81 DEL 09/04/08
E' un testo ampio e complesso costituito da 306 articoli - 13 Titoli - 51 Allegati
Le principali novità del Testo Unico:
• ampliamento del campo di applicazione (oggettivo e soggettivo) • ricomprende tutte le normative già contenute nel 626/94;
• comprende altre norme extra 626/94 (es. cantieri, vibrazioni, segnaletica, ecc.);
• rafforzamento delle prerogative di RLS, RLST e RLS di "sito" (es. cantieri) • coordinamento delle attività di vigilanza
• finanziamento di azioni promozionali private e pubbliche • ruoli e compiti degli Istituti/Enti (INAIL, ISPESL ...)
• In-Formazione: allargata per varie figure: RLS, RLST, Preposti, ecc