Smart Working: virtuale oppure reale?

Data di pubblicazione: 22 APR 2020
Prima dell’emergenza Corona Virus, in tempi meno recenti, il tema “Agile e Smart working“ ha avuto un notevole impatto organizzativo: non è stato semplice interpretarlo ed affrontarlo, né dal punto di vista normativo, né da quello sociale e psicologico. La base di partenza, durante il nuovo percorso progettuale, è stata quella di dedicare una particolare attenzione alla gestione delle risorse umane, per identificarne i livelli di predisposizione in termini di maturità operativa, così come di potenziale efficienza fisiologica. Certo è che le aziende che si sono potute permettere il cambiamento, anche progressivo, non sono state molte, per cui l’innovazione ha coinvolto positivamente solo una minima parte della popolazione lavorativa italiana: probabilmente meno del 15% se si considera (dati Istat 2018) che operatrici/ori impegnati con un PC/VDT, integrati con i nuovi devices, in particolare gli smartphones, sono almeno venti milioni. A questo proposito, occorre aggiungere che il notevole aumento delle cosiddette “near work activities“ con tablet, cellulari etc., riguarda invece la quasi totalità della popolazione. Ma un conto è lavorare da mobile, in momenti particolari ed eccezionali (ad esempio durante le ferie o le trasferte lavorative), un altro è predisporre una postazione in un ambiente domestico, in grado di sostituire/affiancare quella prevista da un ufficio regolamentato. 


Indomabili abitudini: dall’ufficio a casa

Ancora prima di verificare l’efficacia e l’idoneità di una postazione lavorativa domestica, si sarebbero dovute correggere alcune “disergonomie“, troppo frequenti in ufficio.  In un ambito di tutela e salute dei lavoratori si è già segnalato un progressivo aumento dei disagi a carico dell’apparato visivo per eccessivo aumento del tempo trascorso in visione troppo ravvicinata peraltro spesso condizionata, in negativo, anche da una inadeguata illuminazione delle principali dotazioni sul piano di lavoro: tastiera, documenti, posizionamento in altezza e profondità del monitor etc.
 
Per quanto riferito, invece, ai disagi muscolo-scheletrici si hanno dalla letteratura scientifica notizie molto più precise e le cause sono ben note.  Postura assisa non appropriata, troppo spesso protratta nel tempo, minima attenzione ad alternare postura assisa in eretta (sit - stand) e, quasi sempre, la negativa abitudine ad utilizzare solo la parte anteriore del sedile. Ci si dimentica, insomma, il gradevole supporto dello schienale e si rimane “curvati“ in avanti verso il monitor (distanza troppo ravvicinata), una situazione non immaginabile, per fare un esempio, alla guida della propria auto, dove si assume una postura corretta, quindi confortevole che favorisce la propria ed altrui sicurezza. 
 
 
Lo Smart Working Casalingo 

Fatte tutte queste premesse, è perfettamente inutile “scomodare” il temine di Smart Working nella situazione attuale, che è unicamente esito, purtroppo, di un’emergenza sanitaria, difficile da mettere in preventivo fino a pochi mesi fa. È indubbiamente un lavoro “agile”, scansionato da orari di lavoro meno restrittivi e più flessibili. Ma è realmente produttivo ed è concepito per facilitare davvero la vita del lavoratore? Nella propria abitazione si è costretti, in tutti i sensi, ad arrangiarsi secondo le proprie possibilità: spazio di condivisione, a volte ristretto, abitudini domestiche non sempre favorevoli in termini di massima concentrazione e molto altro ancora che rende il tutto più complicato dal punto di vista esistenziale- psicologico. Per non parlare di tutti quei requisiti minimi che la Legge (DLgs 81/08  T.U - Allegato XXXIV) si è impegnata a garantire negli anni: dalla postura assisa corretta alla distanza più idonea rispetto al monitor, in presenza di un punto luce soddisfacente. Buone Norme che in questo momento è molto difficile rispettare e impossibile verificare sul posto. 


Qualche suggerimento utile 
 
In questa situazione provvisoria, ogni soluzione volta a migliorare le condizioni del lavoratore è sicuramente ben accetta. In primis il sottoscritto, lavorando da casa seppur con tutte le dotazioni necessarie, ha scoperto, nel vero senso del termine, il beneficio di una pedana appoggiapiedi che, in passato, aveva preso in considerazione solo marginalmente. Ne ho parlato (in un virtual meeting, ovviamente) con il Prof. Bruno Piccoli - Università Tor Vergata di Roma e Chairman e Fondatore dello Scientific Committee on Work and Vision dell' ICOH - International Commission on Occupational Health, oltre che Coordinatore del Gruppo di Lavoro che ha recentemente redatto uno specifico documento sul tema “Lavoro e VDT“ per contro della SIML, Società Italiana di Medicina del Lavoro. È stato importante per me conoscere il suo parere riguardo a quali dispositivi, oltre a quelli tecnologici, possono essere utili per migliorare le attività di chi, lavorando a casa, assume pur sempre una postura assisa prolungata. Mi ha confermato che, tra le altre minime dotazioni, l’utilizzo di una pedana appoggiapiedi dinamica, oltre a consentire un adeguato sollevamento delle cosce sul bordo del sedile, favorisce anche un esercizio a bassa intensità fisica, ma continuo, di flessione delle caviglie. Ne deriva una migliore circolazione arteriosa e venosa, utile a prevenire gonfiore e patologie vascolari degli arti inferiori.
 

Operatori Prudenti e Ragionevoli

Nella speranza che la difficile situazione attuale rappresenti un episodio straordinario, occorre pertanto intervenire senza farsi condizionare dalla fretta: è fondamentale analizzare le opzioni più appropriate dedicando un po' più di tempo a riflettere. Ed è inutile proporre/trovare soluzioni improbabili per una nuova organizzazione degli spazi lavorativi, sia in azienda che eventualmente da casa: oltre a essere molto onerose per le aziende - grandi, medie o piccole che siano - queste scelte affrettate potrebbero servire a poco, complicando ancora di più la vita che stiamo sperimentando, nostro malgrado.