L'ufficio è meglio high-tech

Data di pubblicazione: 01 APR 2011
L’evoluzione delle aziende impone anche un nuovo modello di realtà lavorative: non più un involucro fisico da suddividere in base alle gerarchie, ma una gestione degli ambienti che tenga conto del loro reale utilizzo e che favorisca la collaborazione professionale. Anche alla luce della rivoluzione tecnologica e delle modificate esigenze di mobilità e flessibilità. Punto per punto, uno schema per una nuova idea di produttività

di Roberto Cigolini, Professore di Quality Facility Management e di Operations Management presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano.
Si ringraziano la dott.ssa Angela Sposato (ex allieva del Politecnico di Milano) e la dott.ssa Sabrina Capece di Unicredit Real Estate


Il posto di lavoro sta cambiando e le valutazioni relative all'uso dello spazio si stanno facendo sempre più complesse. Oggi è perciò ancora più importante che in passato non commettere un errore comune nella pianificazione dello spazio, ovvero quello di trasformare il tasso di utilizzo (la quantità di metri quadrati di spazio allocato per persona) nel valore più importante per misurare come le persone utilizzino lo spazio per lavorare.
Molte organizzazioni guardano al tasso di utilizzo come un obiettivo da raggiungere o un punto di riferimento cardinale, rischiando così di ipersemplificare il problema, ignorando alcuni fondamentali aspetti relativi all'uso dello spazio quali:
• le esigenze dell’azienda;
• la varietà degli utenti che utilizzano lo spazio (tempo pieno, part-time, lavoro a turni, ecc);
• metodologia di misurazione;
• costo effettivo dello spazio;
• età dell’edificio.
La pianificazione strategica non può perciò essere basata solo sul tasso di utilizzo, ma deve considerare anche altri elementi quali il costo totale per dipendente, il totale dei metri quadrati di proprietà e in leasing, il rapporto tra uffici chiusi e postazioni di lavoro in open space, la soddisfazione del cliente interno, lo spazio libero ancora a disposizione dell’azienda e la necessità di individuare ed eliminare spazi di supporto ridondanti.
Tutto ciò è ancora più vero in una fase come quella che attraversiamo in questi anni, caratterizzata da una veloce e profonda evoluzione dello stile di lavoro. Solo per fare un esempio, sta ormai scomparendo l’idea del lavoro come attività centrata sull’individuo e caratterizzata da un flusso organizzato di informazioni. Oggi, il flusso di lavoro è molto più organico e il nostro modo di lavorare è ben più collaborativo che in passato. E se è vero che una volta si lavorava soprattutto con coloro che sedevano nelle immediate vicinanze, oggi l’attività viene svolta con colleghi che possono essere ovunque nel mondo. La visione tradizionale dell’ufficio era quella di un involucro fisico che conteneva tutte le attività.
Il posto di lavoro ad alte prestazioni di oggi è invece in grado di ospitare l’attività non in un unico luogo, ma in più ambienti aperti e chiusi.



L’ufficio deve allora sapersi adattare a concetti come flessibilità, mobilità e lavoro di squadra. L’impatto di tutti questi elementi è ben visibile esaminando l’evoluzione che la progettazione del luogo di lavoro ha avuto negli ultimi anni. Nella visione tradizionale ogni persona doveva avere un ufficio dedicato per essere efficace. L’idea più diffusa oggi è invece quella di favorire l’uso di ambienti aperti (con accesso ad ambienti chiusi) perché in grado di stimolare la collaborazione, l'innovazione e la produttività. L’enfasi non è più sulle aree di lavoro individuale, ma sul fornire una "varietà di aree di collaborazione" e così i concetti di alta flessibilità e di “non territorialità” dello spazio ufficio hanno guadagnato ampia diffusione tra le organizzazioni, che applicano questi nuovi concetti con l’obiettivo di ridurre i costi legati alle spese generali e di incrementare la produttività.
La razionalizzazione dello spazio di lavoro attraverso il maggiore utilizzo degli ingombri consente un risparmio dei costi e di realizzare l’ottimizzazione degli spazi in stretto rapporto alla mansione che vi viene svolta. Lo studio e l’analisi dell’ambiente ufficio in base alle esigenze di chi realmente e giornalmente fruisce di questo spazio consente anche il riutilizzo dello spazio così “risparmiato” a favore della creazione o dell’ampliamento di luoghi di incontro e di comunicazione. Il concetto di “non territorialità” dello spazio ufficio impone il superamento della visione tradizionale in cui il lavoratore si appropria fisicamente dello spazio di lavoro attraverso una scrivania e un sistema di relazioni che confluiscono su di lui. Ci sono cinque principali osservazioni da tenere in considerazione:

• Le attività di lavoro sono spesso male allineate con l'allocazione di spazio. A molti dirigenti sono assegnati grandi uffici chiusi che però sfruttano con scarsa frequenza. Alcuni dipendenti, a causa del loro ruolo gerarchico, sono invece costretti a sedere in piccole postazioni di lavoro anche se le esigenze legate alla loro attività richiederebbero uno spazio maggiore e meglio configurato. Questo è uno scenario classico, figlio di un’assegnazione dello spazio eseguita sulla base del diritto piuttosto che della funzione. Questo trend però si sta lentamente invertendo.

• Le persone siedono alla propria scrivania meno di quanto credano. La maggior parte dei dipendenti sono convinti di sedere alla propria scrivania per tutto il giorno, ma questa è una percezione spesso inesatta. Innumerevoli studi hanno evidenziato come il movimento degli impiegati negli uffici sia in realtà quasi continuo. Il lavoro non si svolge più seduti ad un’unica postazione di lavoro.

• Lo spazio virtuale è importante quanto lo spazio fisico. Lo spazio virtuale deve essere curato e organizzato con la stessa cura da sempre riservata all’ambiente fisico dell’ufficio. Ciò significa che vi deve essere un'attenzione sempre maggiore a software, hardware, illuminazione, ergonomia, archiviazione di file elettronici, accesso remoto e sicurezza dei dati.

• La tecnologia contribuisce ad aumentare i metri quadri disponibili. Più la tecnologia conquista lo spazio di lavoro, maggiori sono le opzioni a disposizione dei dipendenti riguardo al come e dove svolgere le proprie mansioni. Questo ha dei riflessi diretti sull’ambiente di lavoro. Ciò non significa che un dipendente ha diritto ad uno spazio maggiore o minore, ma che, quando è supportato da tecnologie appropriate, lo spazio può essere progettato per adattarsi nel modo migliore possibile al tipo particolare di attività svolta dal singolo lavoratore.

I vantaggi di un ufficio di nuova generazione sono molteplici: un miglior adattamento e supporto alle particolari esigenze di ogni singola attività, maggiori opportunità di collaborazione e di reciproco apprendimento e processi di lavoro più efficaci. Un ambiente ufficio di questo tipo sfrutta al massimo quanto la tecnologia può offrire, predispone chi vi lavora a ricercare costantemente l’innovazione, aumenta il benessere e la soddisfazione del personale e attrae le migliori risorse. Tutto ciò comporta una serie di valori aggiunti:

• aumento della produttività;
• massima flessibilità;
• pieno sfruttamento della tecnologia;
• migliore qualità del posto di lavoro;
• utilizzo ottimale delle risorse.

Per creare un ambiente di lavoro ad alto rendimento, i responsabili della progettazione e pianificazione dello spazio devono possedere una conoscenza approfondita non solo dell’edificio ma anche degli obiettivi strategici dell’azienda e del suo processo produttivo, così da sapere quali sono attività ed esigenze del singolo dipendente. Solo una volta che si avranno a disposizione queste informazioni il processo di pianificazione potrà iniziare a prendere una forma più precisa. Sono perciò molte le strategie di space planning per l’ufficio di nuova generazione che prevedono la piena partecipazione degli utenti nel processo di individuazione dei concetti alla base della creazione e gestione dell’ambiente di lavoro. È giusto sottolineare che per eseguire correttamente questo approccio è necessario disporre del tempo e delle risorse necessarie a compiere un’accurata valutazione dei processi esistenti. L’impegno richiesto è perciò notevole, ma lo è anche il premio: un ambiente in cui i dipendenti raggiungono la massima efficacia, una maggiore efficienza dei processi, un layout più flessibile e una riduzione dello spazio impiegato dall’azienda. Le strategie che fanno parte di questo approccio vanno considerate come gradazioni di un continuum che va da un estremo più conservatore ad uno più innovativo; le soluzioni più prudenti mantengono il tradizionale rapporto di una postazione per lavoratore, ma riducono la dimensione della workstation individuale per liberare spazio da destinare al lavoro di squadra. Nelle soluzioni che invece si pongono all’estremo più “all'avanguardia” del continuum, l'ufficio sfrutta a pieno lo spazio virtuale e raggiunge la massima flessibilità, dando vita ad un ambiente in cui tutti possono lavorare in qualsiasi momento. Ogni profonda riorganizzazione dello spazio o trasloco in una nuova sede porta buona parte del personale a chiedere con insistenza: “chi si meriterà un ufficio chiuso?” La domanda in sé è mal posta ed è espressione di quel criterio gerarchico che, pur essendo sempre più un retaggio del passato, fa ancora oggi sentire i suoi effetti sulla cultura aziendale con concetti del tipo: “il ruolo dà diritto allo spazio”. Idee del genere, per quanto radicate, sono destinate a scomparire. Le organizzazioni oggi sono sempre più focalizzate sul porre ognuna delle proprie risorse nelle condizioni ideali per essere le più efficaci e produttive possibili; ne deriva che quando un’azienda sceglie di creare uno spazio ufficio ad alta prestazione, non si pone domande come “chi ha diritto all’ufficio chiuso?”, quanto piuttosto: “chi ha bisogno di un ufficio chiuso per essere efficace nel suo lavoro?” e “questa funzione ha bisogno di uno spazio assegnato per tutta la settimana o solo per alcune ore?”. I luoghi di lavoro ad alte prestazioni prevedono ancora spazi chiusi, ma l'organizzazione li usa in modo più flessibile e fondandosi sul concetto di necessità, non su quello di diritto. Come notato da Tronconi, Ciaramella, & Pisani nel loro “La gestione degli edifici e dei patrimoni immobiliari” l’applicazione delle nuove tecnologie accompagna poi l’attività dello Space Manager verso il location - free working. Con questa definizione si intende la diffusa tendenza, da parte delle società tecnologicamente all’avanguardia, a “slegare” il più possibile l’attività lavorativa dal luogo fisico. Le risposte a questa tendenza sono state numerose, lo schema proposto di seguito classifica i workplace in base a quest’ottica (Tabella 2).



I punti che hanno in comune questi nuovi modi di vivere l’ufficio sono:

• considerare l’attività d’ufficio praticabile in qualsiasi altro posto che non sia l’ufficio;
• l’ufficio come punto di ritrovo per lo scambio di informazioni e dati;
• l’ufficio come “ambiente in comune” senza eccezioni di gerarchia;
• lo spazio di lavoro inteso non più come territorio personale e quindi da “difendere”, ma come uno spazio usato da tutti a seconda delle esigenze.

La strategia che attualmente viene impiegata per contenere i costi legati alle postazioni di lavoro è quella di aumentare il numero dei dipendenti che utilizzano lo spazio. Questo può essere fatto essenzialmente in due modi: modificando il layout per incrementare l’intensità dei workplace o pianificandone lo spazio e la sua gestione per diminuire le postazioni vuote. Il risultato complessivo che si ottiene è quello di ridurre i costi pro capite legati alla singola postazione di lavoro.  


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