Un treno carico carico di... immobili

Data di pubblicazione: 21 MAG 2012
Il caso di Grandi Stazioni, società sorta per gestire e far fruttare al meglio il patrimonio di FS

di Mariantonietta Lisena

Sebbene l’innata esterofilia del popolo italiano a volte ci porti a pensare altrimenti, le esperienze innovative e di successo non vengono solo da oltre confine. Il progetto Grandi Stazioni, immaginato già alla fine degli anni ’90 e inaugurato all’inizio del 2000, è infatti un ottimo esempio di come anche il nostro Paese a volte sappia precorrere i tempi e creare una struttura all’avanguardia capace di conquistare anche altri mercati europei. Di come questo sia stato possibile ci parla Massimo Paglialunga, Head of Operations di Grandi Stazioni.
Si può dire che Grandi Stazioni sia il Facility Department delle Ferrovie dello Stato?
È stata proprio questa l’idea da cui ha avuto origine Grande Stazioni: separare l’attività di gestione immobiliare e affidarla ad un’organizzazione specializzata, in modo da aumentare la concentrazione di FS sulle sua attività principali, ovvero il trasporto dei passeggeri e l’informazione relativa alla circolazione dei treni. L’obiettivo però è per molti versi molto più ampio e ambizioso: l’idea di Grandi Stazioni, infatti, è nata alla fine degli anni ’90 allo scopo di razionalizzare la gestione immobiliare di tredici grandi stazioni ferroviarie italiane che, oltre ad essere snodi caratterizzati da un enorme traffico di treni e viaggiatori, rappresentano anche dei monumentali complessi immobiliari situati di solito nel pieno centro di grandi città. Strutture perciò altamente complesse soprattutto dal punto di vista della gestione dei servizi.



Il primo passo del progetto Grandi Stazioni è stato la riqualificazione della stazione Termini di Roma in occasione del Giubileo del 2000. L’ottimo successo di quell’esperienza ha portato a compiere un secondo passo, ovvero l’apertura ai capitali e alle competenze specifiche del mondo privato. Venne così individuata una cordata di imprenditori privati che acquistò il 40% delle azioni, mentre il 60% rimase di proprietà di Ferrovie dello Stato, una ripartizione del capitale azionario che sussiste ancora oggi. Le aziende private che partecipano a Grandi Stazioni hanno l’obbligo di riqualificare e gestire per 40 anni il patrimonio immobiliare delle tredici stazioni, sia commercialmente che dal punto di vista del Facility Management, attraverso un contratto con il proprietario di questi beni, che è Rete Ferroviaria Italiana Spa (RFI).
L’impegno di Grandi Stazioni perciò va oltre la gestione dei servizi di FM.
Sì. Il suo scopo è prima di tutto riqualificare questi spazi e gestirli. Ma Grandi Stazioni ha anche il compito di occuparsi della parte commerciale, ovvero la messa a reddito degli spazi affittati ai negozi, con un’attività di promozione e vendita che per volumi e complessità è molto simile a quella svolta da chi gestisce un centro commerciale.
Per quanto riguarda più in particolare il Facility Management, operiamo una gestione fortemente integrata, dato che a noi va la completa responsabilità su l’intero aspetto immobiliare delle stazioni, dall’ingresso dello stabile fino al ciglio delle banchine di accesso ai treni.
Ci può dare qualche numero riguardo al personale che opera in Grandi Stazioni?
Siano 250 circa. Il numero può sembrare elevato, ma bisogna tener conto che include anche il personale presente sul campo in ognuna delle stazioni da noi gestite. La direzione, quella responsabile della gestione tecnica vera e propria, è composta da 90 persone ed è molto snella e puramente di governo. Abbiamo poi altri due dipartimenti: la divisione “sviluppo infrastrutture”, responsabile di tutte le attività di riqualificazione e ristrutturazione delle stazioni, e quella “vendita e media”, che si occupa dello sviluppo e gestione di asset commerciali.
Quale peso ha la parte commerciale nel complesso delle stazioni da voi gestite?
Potremmo considerarla la punta dell’iceberg: è quella più visibile ed è senz’altro importante dal punto di vista del ritorno economico, ma rappresenta solo una frazione del nostro lavoro. Nel caso della Stazione Termini, ad esempio, ci troviamo a gestire un patrimonio di 200.000 metri quadri e “solo” 30.000 di questi sono destinati ad attività commerciali. Il resto dello spazio è occupato da elementi essenziali come uffici, locali tecnici, centri di controllo, spazi necessari ai servizi di logistica, ecc.
Una stazione è un microcosmo di enorme complessità che deve essere sempre operativo e in cui transitano ogni giorno centinaia di migliaia di persone. Le problematiche gestionali sono perciò estremamente complesse e il livello del servizio deve essere in ogni istante elevatissimo.



Come è stata operata la scelta dei fornitori?
Siamo configurati come struttura appaltante pubblica per cui il processo di selezione si è svolto seguendo la tradizionale procedura attraverso bandi di gara aperti.
Negli anni abbiamo maturato una conoscenza estremamente approfondita sia del patrimonio immobiliare gestito, sia delle sue esigenze quotidiane legate ai servizi. Attraverso un sistema di monitoraggio, feedback e raccolta dati abbiamo ormai consolidato un database dettagliato di ogni intervento svolto all’interno degli spazi gestiti. Questo altissimo livello di conoscenza circa le caratteristiche degli immobili e dei servizi collegati ci ha permesso di creare dei capitolati molto precisi relativi a tre categorie principali: manutenzione, servizi ambientali e safety e security. Il territorio è stato diviso in due lotti, uno per l’area geografica a nord del Po, con sette stazioni, e un’altro per quella a sud, con le rimanenti sei. Per dare un’idea di quali cifre stiamo parlando, il servizio di manutenzione e quello di igiene ambientale, che per ragioni strategiche abbiamo preferito separare, hanno dato vita ciascuno ad un appalto di 20 milioni di euro all’anno divisi nei due lotti.
Per quanto riguarda le manutenzioni in particolare, la parte che potremmo definire a canone, quella che comprende la conduzione fissa più la manutenzione preventiva, rappresenta il 75% del valore dell’appalto, il resto è dato dagli interventi correttivi o straordinari. Il canone perciò è la spina dorsale del capitolato e questo è possibile solo perché possediamo una conoscenza davvero approfondita del servizio e di tutte le sue possibili declinazioni.
Tre aree di servizi per due lotti. Avete quindi sei fornitori?
In realtà cinque: safety e security sono gestiti da un unico fornitore su tutto il territorio. Questo ci consente di avere, per una materia così delicata, una prospettiva unica e completa su tutto il patrimonio da noi gestito.
Che caratteristiche hanno i fornitori che si sono aggiudicati gli appalti?
Si tratta di Associazioni Temporanee di Imprese. Quelle cui sono stati assegnati i lotti relativi alla manutenzione si sono unite in un consortile e quindi utilizzano uno strumento che a mio avviso è un po’ più evoluto e adatto alle nostre esigenze rispetto all’ATI tradizionale, perché garantisce una presenza omogenea sul territorio e una gestione separata rispetto a quelli che sono gli interessi dei singoli soci. Troppo spesso invece i raggruppamenti di imprese tendono ad aggiudicarsi un lotto e poi a dividerlo in parti più piccole da affidare alle singole aziende che fanno parte dell’ATI. Il risultato è che ogni organizzazione a quel punto si concentra solo sulla parte assegnata e va irrimediabilmente persa quella visione d’insieme che è fondamentale per la buona gestione di ogni servizio.
Come vi rapportate con queste società esterne?
Potremmo dire che il nostro modo di gestire il rapporto con il fornitore ha due facce. La prima è quella molto formale che deriva dal fatto di amministrare soldi pubblici e quindi di dover, giustamente, seguire in maniera scrupolosa una normativa molto precisa. Ma accanto a questa necessaria rigidità vi è anche la volontà di gestire davvero al meglio questi fondi e di farlo perseguendo la creazione del valore. Vogliamo conoscere bene i servizi che trattiamo, senza alcuna paura di metterne alla luce di volta in volta i punti più critici, così che anche il fornitore sia sempre nelle condizioni di offrire le prestazioni più elevate possibili.
E come ci riuscite?
Grazie ad un dialogo costante e aperto sia con il fornitore che con il nostro cliente, ovvero Rete Ferroviaria Italiana. Quest’ultima ci fornisce uno strumento utilissimo in tal senso: delle indagini di customer satisfaction (svolte a cadenza mensile tra gli utenti delle stazioni) che ci forniscono una fotografia davvero attendibile e dettagliata degli immobili che gestiamo. Questi report sono divisi sia per servizi che per singoli ambienti fisici (marciapiedi, atri, sale, ecc.) e sono condotti da un’impresa specializzata. Quest’ultima non si limita a registrare la percezione che gli utenti hanno della stazione, ma offre a RFI anche indagini sulla qualità effettivamente erogata. Per farlo, invia sul campo degli ispettori adeguatamente formati che sono in grado di individuare ogni minimo difetto del servizio, sia esso di igiene ambientale, manutenzione o safety e security.
Queste indagini rappresentano per noi e per il fornitore uno strumento utilissimo che permette sia di modificare l’erogazione del servizio sia di garantire quella prontezza negli interventi che è basilare in un ambiente complesso e delicato come quello di una stazione.

Come avviene la gestione delle emergenze?
Lo strumento principale è un call center che abbiamo voluto affidare ad un’azienda specializzata, completamente separata dagli altri nostri fornitori. Lo può utilizzare tutto il personale tecnico presente in stazione, sia nostro che delle Ferrovie. Il call center raccoglie la richiesta di intervento  e attiva immediatamente il fornitore interessato. Va notato che nel nostro caso ogni intervento è importante perché in un immobile dove ogni giorno transitano circa 300.000 persone, come è il caso ad esempio della Stazione Centrale di Milano, non esistono eventi minori. Per questo nei nostri capitolati abbiamo previsto tempi di intervento molti stretti e precisi.
Come crede si evolverà in futuro la gestione dei servizi di FM per Grandi Stazioni?
Idealmente ci piacerebbe affidare tutti i servizi, o almeno quelli di igiene ambientale e manutenzione,  a un fornitore unico. Se ancora non l’abbiamo fatto è perché il mercato italiano ci sembra ancora troppo frazionato e non abbastanza maturo.
Le stazioni sono mondo variegato e siamo a metà strada nel costruire un modello di gestione che vorrei fosse davvero innovativo.
Grandi Stazioni si è aggiudicata anche la gestione della stazione di Praga. Come siete riusciti a esportare il vostro modello anche oltre i confini italiani?
La prima metà degli anni Novanta ha visto l’apertura del mercato europeo delle Ferrovie per volontà dell’Unione Europea. Uno degli effetti collaterali è stato un mutamento del modo in cui le società ferroviarie europee vedevano le stazioni: non più immobili annegati nella grandissima infrastruttura dei trasporti su rotaia, ma una grande risorsa su cui investire per creare valore. Le Ferrovie dello Stato si sono dimostrate particolarmente brillanti e audaci in questo frangente, creando una società specializzata come Grandi Stazioni. Le altre società ferroviarie europee si sono comunque mosse nella stessa direzione, ma noi abbiamo colto il vantaggio di essere i primi. E così, quando sono stati aperti anche i mercati di Repubblica Ceca e Polonia, Grandi Stazioni ha potuto proporsi con successo. Nel momento in cui la Repubblica ceca è entrate nella UE, eravamo già aggiudicatari dell’appalto per la stazione di Praga con circa 30 milioni di euro di lavori e 30 anni di concessione di gestione integrata. La nostra forza è proprio il modello gestionale integrato che ci consente di vedere in ogni istante le tre dimensioni relative al patrimonio immobiliare delle stazioni: quella commerciale, quella di riqualificazione immobiliare e quella gestionale.