Operare con giudizio: dove la spending review non deve tagliare nella sanità

Data di pubblicazione: 24 GIU 2013
Nelle strutture ospedaliere alcuni servizi forniscono un supporto decisivo e irrinunciabile all’attività di cura del paziente.  Il Presidente della SIAIS Daniela Pedrini ci spiega quali sono e come preservarne al massimo la qualità pur applicando tagli alle spese.

Gli ospedali e le strutture sanitarie in genere offrono un interessante banco di prova per chi si occupa di Facility Management. Si tratta di realtà, infatti, in cui i servizi di supporto pur essendo ben separati dall’attività principale hanno su quest’ultima una fortissima influenza. Daniela Pedrini ci può offrire in merito una doppia prospettiva: quella sul campo, grazie alla sua carica di Direttore del Dipartimento Tecnico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola – Malpighi. E quella di chi può avere, sugli stessi temi, una visione a livello nazionale, in qualità di Presidente della Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità (S.I.A.I.S.), associazione che raccoglie dirigenti e professionisti tecnici che gestiscono attività di architettura e ingegneria, progettazione e manutenzione nel settore sanitario.

Partiamo dalla prospettiva più “locale” e offriamo qualche cifra: all’interno della sua struttura ospedaliera, quanti sono gli operatori interni che si occupano di aspetti tecnici, e quanto è vasta l’area di cui si devono occupare?

Ad oggi abbiamo ancora 60 operatori tecnici (elettricisti, meccanici, muratori, giardinieri, ecc.) per una superficie di circa 370.000 metri quadri e 14 fuochisti per la conduzione delle caldaie delle Centrali Termiche. È in corso attualmente un profondo rinnovamento dei sistemi infrastrutturali tecnologici con la realizzazione del completo rifacimento delle centrali tecnologiche e delle reti impiantistiche; sarà realizzato anche un impianto di co-trigenerazione con notevole risparmio di fonti energetiche (gas, energia elettrica, acqua) e di risorse necessarie alla gestione di tali impianti, con benefici sia economici, sia di rendimento impiantistico complessivo. Parliamo quindi di un’area molto ampia e di operazioni estremamente complesse.

E com’è organizzata la gestione dei servizi?

È in corso una progressiva esternalizzazione dei servizi connessi alla gestione degli impianti tecnologici e delle strutture. Alcuni servizi sono gestiti ancora internamente, soprattutto quelli relativi agli impianti elettrici e antincendio, dove professionisti altamente specializzati intervengono anche per gli interventi di manutenzione non ordinaria. Gli interventi straordinari di manutenzione e di emergenza in un ospedale, come è facile immaginare, devono essere immediati e operati da un personale altamente specializzato che conosce perfettamente le caratteristiche della struttura e il suo modo di funzionare.
Le ricadute delle operazioni generali di “spending review” ci portano a non sostituire gli operatori che vanno in pensione e la mancanza sempre più accentuata di turnover porta a un passaggio di competenze ricorrendo sempre più a fornitori esterni.
L’intenzione è comunque quella di mantenere sempre all’interno la fase di coordinamento gestionale e di avere così un interfaccia che possa mettere in armonia le esigenze del cliente interno e degli utenti con l’operato dei fornitori.
L’importante è sempre quella di prendere ogni decisione relativa all’esternalizzazione dei servizi soppesando i pro e i contro caso per caso, in modo molto analitico e approfondito.

Parlando di spending review, secondo lei come si dovrebbe intervenire nel settore sanitario per ridurre le spese?

In modo mirato. Applicare la spending review in maniera indiscriminata credo sia un errore fatale: bisogna considerare le singole realtà ed esigenze e capire dove c’è bisogno di razionalizzare e dove di investire. In tutte le strutture, ma in particolare in quelle ospedaliere, la sicurezza deve essere una priorità; operare tagli che si ripercuotono in maniera negativa su questo aspetto può portare a problemi gravissimi. Parlo ad esempio degli interventi di razionalizzazione sul servizio di manutenzione, che se vengono operati senza un approfondito processo di analisi possono aprire la strada anche a rischi per la sicurezza di operatori e pazienti. La sfida perciò nelle strutture sanitarie è applicare la spending review senza intaccare la qualità di alcuni servizi davvero essenziali.

Esistono, a suo giudizio, degli sprechi consistenti nell’area dei servizi no core degli ospedali?

Non userei il termine “sprechi”. Esiste, senza dubbio, il margine per delle ottimizzazioni consistenti sia nell’area core, sia in quella non core e anche a livello organizzativo, tanto che alcune regioni hanno emanato delle linee di indirizzo per una riorganizzazione delle strutture sanitarie. È necessario identificare quali margini di ottimizzazione esistano a livello di risorse umane ed economiche. Per cui, più che di sprechi, parlerei della necessità di proseguire sulla strada della riorganizzazione e ottimizzazione. Non ci viene chiesto semplicemente di “spendere meno”, ma di aumentare l’efficienza delle strutture nel loro complesso e l’efficacia nell’impiego delle risorse, sia umane sia economiche.

Il fatto che oggi a livello regionale si registri questa spinta verso la razionalizzazione e riorganizzazione da cosa deriva secondo lei? Dalla presa di coscienza che esiste un eccesso di burocrazia? O da una nuova cultura nell’approccio alla gestione della Sanità?

Sicuramente i tempi sono cambiati dal punto di vista culturale. Oggi ci viene chiesto di ragionare anche a livello sovra-aziendale per ciò che riguarda l’impiego delle risorse, di non guardare solo al nostro comparto d’appartenenza o al nostro ospedale, ma di avere sempre in mente il quadro più ampio della Sanità regionale. Prima ho accennato alla mancanza di un turnover nell’area tecnica: questo deriva da una più ampia strategia volta a prediligere le nuove assunzioni e il ricambio del personale nell’area core, quella puramente sanitaria e di rapporto diretto con l’utenza. In generale per i servizi di supporto, vi è l’idea di accorpare molte funzioni a livello centrale (ad esempio in aree vaste o in organizzazioni interaziendali). Parliamo ad esempio della funzione acquisti e di provveditorato (in molti casi già centralizzata a livello di area vasta o interaziendale), della parte informatica e di gestione delle tecnologie, e in un prossimo futuro anche di altre funzioni tecniche e amministrative di supporto. Si tratta in altre parole di uno sforzo organizzativo teso a mettere assieme le forze a livello centrale in settori di attività in cui difficilmente si prevede di fare nuove assunzioni.

La regola comunque sembra la stessa di molte aziende: più ci si allontana dal core business, più si possono operare progetti di esternalizzazione o centralizzazione.

È vero, ma nel caso degli ospedali alcuni servizi vanno equiparati a quelli core, tanto sono importanti e delicati. La manutenzione, impiantistica e tecnologica, è uno di quei servizi. Sono attività che vanno gestite direttamente nella struttura in cui vengono svolte, perché richiedono una grande rapidità di intervento, e quindi anche di gestione e di coordinamento, e una profonda conoscenza della struttura, delle sue peculiarità e del suo stato attuale. Stesso motivo per cui la parte operativa può anche essere esternalizzata, ma quella gestionale (coordinamento e supporto alla direzione strategica) deve, secondo me, rimanere interna e supportata da sistemi informativi gestionali avanzati.
Pensiamo anche solo a un semplice test per simulare un calo di tensione all’interno di un ospedale: è un’operazione talmente delicata che deve essere coordinata e gestita per forza da chi conosce perfettamente la realtà della struttura, e credo che i fornitori stessi di servizi di FM non possano che essere d’accordo.

Cosa auspica per il futuro della Sanità, sia come operatrice del settore che come Presidente della SIAIS?

Io credo che in futuro gli ospedali dovranno essere pensati ed edificati tenendo in grande considerazione tutti gli scenari possibili e sempre nell’ambito di uno sviluppo sostenibile. Per riuscirvi l’unica strada credo sia quella di una progettazione integrata che sappia coinvolgere diverse professionalità e soprattutto coloro che poi dovranno gestire quotidianamente queste strutture. Mi auguro che in futuro si continui sempre più lungo questa via.