SKY, REDAZIONE A CIELO APERTO

Data di pubblicazione: 01 GIU 2010
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Paolo Achilli, Facility Manager del colosso televisivo a Roma e Cagliari racconta la ristrutturazione della sede capitolina. “I problemi maggiori sono stati la gestione dell’attività nei dieci mesi del lavoro e far comprendere a tutti l’utilità dell’open space per un’azienda come la nostra. Alla fine però è stata l’occasione per introdurre soluzioni innovative a vantaggio di tutti”

di Francesca Zinzi

Uno tra i compiti più delicati che un Facility Manager può affrontare è quello della ristrutturazione di una sede; la sfida, non facile, è quella di riuscire a realizzare i lavori in maniera efficace e veloce senza creare disagi troppo sensibili per il personale. Fare in modo che l’attività di ristrutturazione e quella produttiva dell’azienda procedano paralleli, senza intralciarsi e senza rallentarsi a vicenda, è una sorta di prova di equilibrismo che deve essere eseguita alla perfezione per dimostrarsi vincente. Vediamo allora un’esperienza per molti versi esemplare, quella condotta da Paolo Achilli, Facility Manager di Roma e Cagliari per Sky Italia che ci illustrerà non solo come si possa realizzare una transizione indolore, ma come questa fase possa essere trasformata in un momento utile per far abituare gradualmente il personale ad una nuova concezione di ufficio.
Ci parli di questo progetto.
Si è trattato della ristrutturazione della nostra sede romana. L’estensione complessiva del sito è di 30.000 metri quadri divisi tra quattro edifici, due dei quali ad uso ufficio e due destinati alla produzione. La ristrutturazione ha riguardato in particolare 4.500 metri quadri di uffici occupati da circa 600 dipendenti. L’obiettivo era quello di rimodernare una sede che negli ultimi anni era rimasta sostanzialmente immutata e, soprattutto, creare un nuovo layout degli ambienti di lavoro, passando dagli uffici chiusi all’open space. Il risultato finale ha visto l’abbandono completo degli spazi chiusi, con l’eccezione di alcuni uffici dirigenziali e delle aree destinate a riunioni. Queste ultime comunque sono state realizzate facendo ampio ricorso a pareti di vetro, in modo che andassero ad inserirsi perfettamente nell’ambiente “aperto” dell’ufficio. I metri quadrati riservati ad ogni dipendente sono rimasti praticamente immutati, ma ora sono distribuiti in maniera molto più funzionale. Perché avete optato per l’open space? In parte per ottimizzare gli spazi. Questa soluzione ci consente infatti di aumentare il numero di postazioni, cosa che si renderà sempre più necessaria dato che la nostra azienda è in continua crescita. Inoltre, la tipologia di attività che si svolge in questi ambienti, che è prettamente di natura redazionale, richiede lavoro di gruppo e comunicazione continua tra dipendenti e reparti aziendali, l’open space facilita al massimo proprio questi elementi.
Da chi è arrivato l’input per questo progetto?
Nasce all’interno del Facility Management, ma è stato immediatamente accolto dai vertici aziendali, anche perché perfettamente in linea con quanto si stava realizzando nello stesso momento nella sede di Milano Nella fase preliminare sono state coinvolte tutte le funzioni presenti in sede ed è stato illustrato loro il progetto.
Come è stato accolto dai dipendenti?
All’inizio vi sono stati diversi malumori, come forse è naturale attendersi. L’idea di abbandonare il proprio ufficio personale è sempre difficile da far accettare, anche perché viene spesso vissuta come la perdita di un privilegio. Tutti questi dubbi però sono svaniti una volta che il personale ha preso contatto con i nuovi ambienti, ben più confortevoli e funzionali rispetto a quelli precedenti.
Quanto tempo avete impiegato per realizzare la ristrutturazione?
L’intera operazione ha richiesto dieci mesi, anche perché è stato necessario spezzarla in quattro fasi per non creare troppo disagio ai dipendenti e per non portare effetti negativi sull’attività produttiva. A tale scopo abbiamo approntato una struttura prefabbricata di circa 600 metri quadri nel parcheggio della sede. Si trattava in pratica di un vero e proprio ufficio temporaneo, dotato di postazioni di lavoro pienamente funzionali e persino aree break, che ha ospitato di volta in volta il personale delle aree interessate dalla ristrutturazione per il tempo necessario a concludere i lavori. Questa soluzione ha avuto anche il merito di facilitare l’accettazione del nuovo layout da parte del personale. Lo spazio all’interno della struttura prefabbricata era infatti stato organizzato come open space. La percezione che si trattasse di una soluzione temporanea e in qualche modo di emergenza ha fatto in modo che i dipendenti accettassero con maggiore “accondiscendenza” l’idea di perdere il proprio ufficio chiuso. Nei 2-3 mesi trascorsi in questo ambiente provvisorio il personale ha potuto così prendere confidenza con l’idea dell’open space, coglierne i vantaggi e perdere gradualmente l’abitudine all’ufficio personale. All’atto di entrare negli ambienti ristrutturati, poi, il fatto di passare da una struttura comoda, ma pur sempre provvisoria, ad un nuovo ufficio moderno, funzionale ed anche molto curato dal punto di vista estetico ha fatto loro completamente dimenticare le riserve mostrate in un primo tempo verso il nuovo layout.
Avete fatto ricorso a fornitori esterni per la fase di progettazione?
Quasi tutto il progetto è stato sviluppato da Facility Management; avevamo idee molto chiare in proposito e sapevamo esattamente come volevamo fossero realizzati i nuovi spazi. Siamo ricorsi ad uno studio esterno, ma solo perché questo ci aiutasse a creare dei capitolati specifici capaci di riflettere nel modo migliore le nostre idee.
Questo progetto di ristrutturazione vi ha dato anche l’occasione per adottare soluzioni improntate alla sostenibilità?
Sì, diverse, come ad esempio interventi su tutta la parte illuminotecnica per installare lampade a basso consumo e sensori di rilevamento delle presenze che consentono di illuminare gli ambienti solo quando realmente necessario. L’occasione ci ha consentito in generale di rivedere un po’ tutti i servizi. Abbiamo anche eliminato tutte le stampanti personali e creato delle print room dotate di impianti di depurazione dell’aria; si tratta di una soluzione molto più funzionale, ma soprattutto molto più sana, perché elimina tutti i pericoli per la salute portati dall’avere una stampante sulla scrivania.
Per concludere, ha un consiglio che vorrebbe dare a tutti i suoi colleghi che si dovessero trovare a dover svolgere un progetto dello stesso tipo?
Due soprattutto: fare in modo di avere il pieno appoggio e la collaborazione dei vertici aziendali e scegliere con molta cura i fornitori.