FACILITY A 5 STELLE - Intervista a Federalberghi

Data di pubblicazione: 01 FEB 2010

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Trentatremila hotel, oltre un milione di camere: i numeri mostrano già l’importanza di una gestione più manageriale del settore. Ne parliamo con Alessandro Nucara, vicedirettore di Federalberghi: “Le fluttuazioni della domanda confermano la necessità di introdurre maggiore flessibilità. In molti casi c’è paura di perdere il controllo della propria struttura, ed è su questo che si deve lavorare per migliorare i servizi fondamentali legati all’accoglienza e alle funzioni di ricevimento”.

Di Mariantonietta Lisena


Trentatremila hotel, oltre un milione di camere: i numeri mostrano l’importanza di una gestione più manageriale del settore. Ne parliamo con Alessandro Nucara, vicedirettore di Federalberghi: “Le fluttuazioni della domanda confermano la necessità di introdurre maggiore flessibilità. In molti casi c’è paura di perdere il controllo della propria struttura, ed è su questo che si deve lavorare per migliorare i servizi fondamentali legati all’accoglienza e alle funzioni di ricevimento”
Negli ultimi anni il Facility Management italiano ha rivolto un particolare interesse verso settori in origine, ed a torto, non ritenuti idonei ad accogliere la disciplina. Uno di questi settori è quello alberghiero; per sapere se questa realtà presenta le caratteristiche adatte per rappresentare una nuova area di espansione per il mercato della gestione di immobili e servizi, abbiamo interpellato Alessandro Nucara, Vicedirettore di Federalberghi.
Quali sono le dimensioni di questo settore?
In Italia abbiamo circa 33.000 alberghi, per più di un milione di camere. La struttura media è un hotel a tre stelle con poco meno di dieci dipendenti. Il tasso medio di occupazione lorda dei letti supera di poco il 40%. Le grandi catene occupano un posto di rilievo all’interno del settore, anche se non dal punto di vista meramente quantitativo: sono infatti il 3,8% del totale e coprono il 10% dell’offerta di camere nel nostro Paese. Questo è un settore in cui le fluttuazioni della domanda sono notevoli e legate a moltissimi fattori, alcuni prevedibili, come le stagioni, altri molto meno. Per una struttura alberghiera perciò la flessibilità, l’agilità e la capacità di adattamento rappresentano tre imperativi assoluti.
Com’è organizzato internamente un albergo?
Il cuore dell’attività è dato dalla funzione di ricevimento, un processo lungo e complesso che inizia con la ricerca del cliente, prosegue con l’accoglierlo e fornirgli un alloggio all’interno della struttura e termina solo dopo che ha abbandonato l’albergo. Il ricevimento è perciò l’area più delicata in assoluto e rappresenta il core business di chi opera in questo settore. Chi è a capo di questa funzione rappresenta spesso la figura chiave di una tipica organizzazione alberghiera. Tutto ciò che riguarda la preparazione e lo stato delle camere rappresenta anch’esso un processo molto importante, che va oltre la semplice pulizia. La responsabilità è affidata alla figura del Governante che, spesso risponde al Capo Ricevimento o, nelle strutture molto grandi, ad un’ulteriore funzione di coordinamento, il Room Division Manager. Anche il servizio di ristorazione è molto vicino al core business, così come il servizio ai tavoli, oppure il bar. Ognuna di queste aree ha un responsabile, soprattutto nelle strutture maggiori. Tutte le figure sin qui elencate rispondono al Direttore che ha il compito di coordinare tutte le attività.

 
 
Quali tra i servizi di un albergo vengono più spesso esternalizzati?
Tre soprattutto: pulizia, lavanderia e manutenzione. Quest’ultimo servizio, in particolare nel caso di strutture medio-piccole, in pratica è sempre affidato a ditte esterne, soprattutto locali. Quasi sempre esternalizzato è anche il servizio di lavanderia che in molti casi ora è stato sostituito dal noleggio della biancheria. La cessione in outsourcing del servizio di pulizia invece ha avuto un’impennata solo in tempi relativamente recenti.
Per quale motivo?
Si tratta di un servizio molto vicino al core business nel caso dell’attività alberghiera e la sua esternalizzazione, in passato, poteva essere letta in alcuni casi come somministrazione di manodopera e quindi come pratica irregolare. Questa situazione è cambiata grazie alle modifiche legislative degli ultimi anni in materia di appalti, aprendo di fatto anche questo mercato. Vi sono però ancora alcuni fattori che frenano la piena diffusione dell’esternalizzazione per questo servizio. La scelta di ricorrere all’outsourcing per le pulizie, infatti, spesso incontra forti resistenze da parte dei sindacati, che si stanno anche battendo molto per far sì che al personale esterno che svolge questo servizio in una struttura alberghiera vengano applicate le condizioni del contratto del turismo. Inoltre, molte strutture temono che una ditta esterna non possa garantire la presenza di un personale adeguatamente preparato a svolgere questo servizio, che nel caso delle realtà alberghiere ha caratteristiche molto particolari proprio perché vicino al core business dell’accoglienza dell’ospite.
Quest’ultimo è un timore molto diffuso?
Sì. Molti ritengono che i fornitori esterni non siano in grado di garantire un adeguato livello qualitativo dei servizi, soprattutto per quanto riguarda quelli più visibili e quindi direttamente percepibili dai clienti. Bisogna anche tenere conto che in questo settore un servizio inadeguato ha una ricaduta negativa immediata sul business: il cliente si ferma pochi giorni nella struttura e se in quel breve periodo nota una qualità insufficiente nella pulizia, o soffre dei disagi a causa di problemi agli impianti, facilmente deciderà di non ritornare un domani nella stessa struttura e sconsiglierà tutti dal farlo. Nel caso degli alberghi perciò il margine d’errore accettabile nell’erogazione dei servizi è ridottissimo.
A suo avviso esistono effettivamente delle aree di una struttura alberghiera troppo delicate per essere affidate all’esterno?
Sulla carta no. Persino per la funzione di ricevimento esistono esperienze in tal senso, anche se si tratta in realtà di appalti interni operati da grandi gruppi. L’attività di vendita anch’essa è già ampiamente esternalizzata a soggetti che operano principalmente su internet. All’interno di un albergo esistono poi molte attività che potremmo definire di contorno, come ad esempio palestre, centri congressi e centri termali e non vedo alcun ostacolo ad una loro gestione esterna. Il problema però è più ampio.
In che senso?
Riguarda la perdita del controllo. È questo uno dei grandi timori che la disciplina del Facility Management dovrà sfatare prima di diffondersi compiutamente anche in questo mercato. L’idea di affidare tante attività ad un unico soggetto, ad esempio, è ritenuta rischiosa perché si teme di divenirne ostaggio, di esternalizzare i profitti e tenere all’interno i rischi invece di fare l’opposto. In parte è anche una questione culturale: chi opera in questo settore è abituato a diversificare la clientela, perché dipendere da un unico tipo di mercato è pericoloso. Probabilmente questa forma mentis viene applicata anche nel caso dei fornitori e si tende perciò a non affidare tutto ad un unico soggetto. Si preferisce allora percorrere un percorso diverso: se vi è una buona collaborazione con il fornitore di un singolo servizio e nel corso del tempo si è sviluppato un clima di piena fiducia, allora viene considerata l’ipotesi di affidargli anche un ulteriore servizio o più di uno.
Da cosa deriva questa diffidenza verso l’esterno?
Le nostre strutture non sono abituate a trattare degli appalti, non in grande quantità comunque. Di questo abbiamo avuto una prova tangibile quando siamo andati ad esaminare i contratti stipulati con i fornitori esterni. La maggior parte conteneva enormi lacune e devo dire che in ogni caso queste mancanze finivano per sfavorire il committente. Per ovviare a tutto ciò, come associazione di categoria abbiamo deciso di stilare una sorta di “capitolato tipo” per l’esternalizzazione dei servizi. Non si tratta chiaramente di un documento standard che va applicato così com’è ad ogni soggetto, ma piuttosto di una sorta di modello che deve servire da guida nella creazione di un capitolato a chi non sa come affrontare questa materia. Il nostro intento è far sì che quando le strutture alberghiere si rivolgono all’esterno possano farlo in modo consapevole, sapendo esattamente quale significato, conseguenza e peso ha ogni loro decisione relativa al contratto d’appalto.
Vede altri ostacoli all’applicazione dell’outsourcing di servizi di FM nel settore alberghiero?
Dal punto di vista del Facility Management, il settore alberghiero rappresenta un tipo di domanda molto complesso. Analizzando la questione da un punto di vista di superficie gestibile, sono poche le strutture abbastanza grandi da raccogliere 200 o 300 stanze nello stessa sede. Forse le catene potrebbero rappresentare un interlocutore unico dotato di una superficie complessiva adatta a un intervento di Facility Management, ma qui sorgono dei problemi di frammentazione, perché le varie strutture sono di dimensioni relativamente contenute, sparse su tutto il territorio nazionale ed ognuna con particolari esigenze.  


Alessandro Massimo Nucara
Vicedirettore di FEDERALBERGHI
45 anni, laureato in relazioni industriali alla Luiss. Docente di organizzazione e gestione delle risorse umane presso il Master in Economia e Management del Turismo dell’Università La Sapienza di Roma. Membro del Comitato di Pilotaggio del dialogo sociale europeo nel settore turismo, Consigliere di EBNT, Ente Bilaterale Nazionale per il settore Turismo, di For.Te., Fondo interprofessionale per la formazione continua nel settore terziario e del CFMT, Centro di Formazione Management del Terziario. Autore di numerose pubblicazioni.