Innovazione programmata

Data di pubblicazione: 17 OTT 2017
L’imprenditoria nel nostro Paese stenta ancora a ripartire. E a frenarla potrebbe essere proprio l’eccessiva fiducia nella creatività italiana. Il professor Alberto Bubbio ci spiega perché.
 
La crisi sembra essere davvero alle spalle, eppure qualcosa ancora rallenta la ripresa dell’economia nazionale. È perciò importante analizzare quale volto abbiano le aziende italiane oggi e come si stanno muovendo, per comprendere dove siano i margini di miglioramento e cosa impedisca loro di crescere a velocità più sostenuta. È quello che abbiamo chiesto ad Alberto Bubbio, Senior Professor di Economia aziendale e Programmazione e Controllo dell’Università C.Cattaneo LIUC.
Quali aziende sono in prima fila oggi nel panorama produttivo italiano? 
Le aziende che sono uscite tutto sommato indenni dalla crisi e ora guardano con giustificato ottimismo al futuro sono quelle che hanno seguito due vie soprattutto. La prima è quella dell’internazionalizzazione, ossia l’apertura ai mercati esteri; una scelta non semplice, ma che porta enormi benefici se condotta nel modo giusto. L’altra via è quella dell’innovazione, che in Italia spesso è stata affrontata in maniera “artigianale” poco efficace, almeno sul lungo termine.
In che senso?
Per noi l’innovazione è spesso stata intesa come il prodotto di tanta di creatività unita ad una buona dose di improvvisazione. Dovremmo invece inserire una forte componente manageriale in questa equazione. 
In Italia siamo stati bravi a fare innovazione di prodotto, ma non di processo; abbiamo inteso questo concetto come rottura con il passato e non come fattore da coltivare in maniera incrementale. E non l’abbiamo fatto perché l’innovazione incrementale richiede cultura manageriale. Insomma, manca una gestione sistematica dell’innovazione e manca in maniera così sostanziale che se iniziassimo a operarla potremmo ottenere subito enormi vantaggi.
Purtroppo tutto ciò che riguarda la cultura manageriale è spesso visto come puro esercizio teorico da chi dirige le aziende italiane, soprattutto di piccole e medie dimensioni, mentre in realtà è un tema fondamentale con un impatto decisivo sulla vita dell’azienda. E la storia del Facility Management in Italia ne è un ottimo esempio, con tutte le difficoltà che ha incontrato e che ancora incontra ad imporsi nelle aziende, malgrado i forti e indubbi vantaggi che una sua corretta applicazione può portare. Il modo in cui viene ancora affrontato il taglio dei costi ci dice quanto sarebbe utile una maggiore cultura del Facility: tagli brutali e lineari operati senza una strategia e senza nemmeno conoscere cosa si va a tagliare.
La crisi non ha insegnato a spendere meglio?
Forse a qualcuno, ma per la maggior parte abbiamo visto solo risposte intuitive e dettate dall’istinto, non il prodotto di un approccio strutturato e coerente. Soprattutto nelle PMI, che costituiscono il cuore del nostro tessuto produttivo e che dipendono molto dalla personalità del singolo imprenditore. Sia chiaro, anche molte PMI hanno reagito bene alla crisi, ma non seguendo un approccio sistematico, che avrebbe potuto portare risultati ancora maggiori. In Italia le idee non mancano di certo, difettiamo solo nella capacità di trasformarle in strategie a lungo termine.
Quali sono strumenti più efficaci oggi in mano alle aziende per migliorare la propria redditività?
Quello della redditività è un punto fondamentale. Le strategie che puntano all’innovazione o all’internazionalizzazione hanno bisogno di fondi per essere realizzate e ricorrere all’indebitamento per ottenerli oggi non è più una strada realmente percorribile. Anche perché le banche, per vari motivi, sono e saranno sempre meno propense a investire in aziende considerate rischiose. La prima forma di finanziamento perciò deve venire dall’azienda stessa, dalla redditività appunto. Le leve per incrementarla sono sempre le stesse: aumentare i ricavi, diminuire i costi. La prima è una leva strategica difficile da impiegare con successo e ha comunque tempi medio lunghi. La seconda può portare risultati più immediati, a patto di uscire dalla vecchia logica del semplice controllo dei costi per attuare un vero e proprio cost management e capire come e perché l’azienda sta spendendo. 
E durante questi anni di crisi non è stato fatto.
Molto poco. Abbiamo visto tanti tagli lineari che sono stati estremamente dolorosi, e in fin dei conti poco efficaci, perché sono andati a toccare soprattutto le risorse umane solo perché erano un’ingente voce di costo. Bisogna invece iniziare a gestire veramente i costi: comprendere le proprie attività e i processi significa individuare gli sprechi enormi che derivano da un uso errato delle risorse, che spesso pone quelle più pregiate ad occuparsi di processi non fondamentali. I risultati di una strategia di cost management sono meno immediati rispetto a un semplice taglio lineare, ma hanno un impatto ben maggiore sul medio e lungo periodo e rendono davvero più efficiente l’azienda. Il Facility Management ha davvero molto da insegnare da questo punto di vista. Anche perché è stato fatto talmente poco in termini di cost management in tante aziende che i margini di miglioramento sono enormi e tutto sommato apprezzabili in tempi relativamente brevi. Il Facility Management lavora poi in maniera trasversale all’azienda, e uno dei passaggi fondamentali per il successo oggi è smettere di pensare l’organizzazione come una serie di compartimenti stagni, e iniziare a leggere il suo funzionamento in maniera, appunto, trasversale, non per singoli reparti.
 
Biografia
Docente di Economia Aziendale e titolare dei corsi Programmazione e Controllo e Misurazione delle performance aziendali, presso l’Università Cattaneo - LIUC (Castellanza, VA). È stato docente dell’area Amministrazione e Controllo presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi dove è stato per più di 15 anni docente di Contabilità industriale (I costi e le decisioni aziendali). E’ socio fondatore e partner di Dimensione Controllo srl, società di consulenza direzionale che da più di 30 anni collabora con le imprese nella progettazione e realizzazione operativa di  sistemi di pianificazione strategica e controllo di gestione. Si è laureato nel 1978 all’Università Bocconi in Economia Aziendale e ha perfezionato i suoi studi presso la Harvard Business School (Cambridge, Massachusetts, USA,1985). È autore di alcuni libri (Il budget, Il calcolo dei costi per attività, Strategia aziendale e redditività d’impresa).